Progetti

Progetto CAD

Comunità Amiche della Disabilità

Premessa

L’approccio alla disabilità, ed in particolare alla costruzione del Progetto di Vita, risente spesso di una logica professionale e specialistica, secondo un approccio che potremmo chiamare problema/soluzione: identificato il problema, clinico o funzionale che sia, si identifica il trattamento, all’interno dei Livelli Essenziali di Assistenza, che immediatamente vengono ricondotti all’erogazione di prestazioni.

Quello che si rischia di perdere è la visione esistenziale della persona con disabilità (d’ora in poi PCD), visione che ci aiuta a spostare l’ottica dall’erogazione dalla semplice erogazione di prestazioni al sostegno alla vita, attraverso l’organizzazione di aiuti formali, non formali e informali. In questa direzione, occorre togliersi dall’approccio individuale, tipico del Welfare statale, e riflettere più a fondo su quali sono le condizioni perché le comunità nel loro complesso siano inclusive, offrendo il massimo delle opportunità a tutti, ivi incluse le PCD, in un’ottica di Welfare comunitario.

Infine, è necessario riflettere sull’inestricabile legame, tutto contemporaneo, tra cultura e comunicazione. Ciò significa che oggi per creare comunità inclusive è necessario passare non solo dalla leva formativa (allo scopo di creare cultura), ma anche dalla leva comunicativa, al fine di disseminarla.

Scopo

Per incentivare la crescita di comunità inclusive si adotta l’approccio tipicamente anglosassone del marchio (label), intendendo per esso una modalità di comunicazione efficace, da utilizzare a scopi non commerciali, ma culturali.

Per analogia al marchio Dementia Friendly Community, messo a punto in Gran Bretagna dall’Alzheimer’s Society, e ripreso in Italia dalla Federazione Alzheimer Italia, si intende creare il marchio Comunità Amiche della Disabilità (CAD), da riconoscere a quartieri e paesi in grado di interpretare una serie di requisiti che, letteratura alla mano, costituiscono gli indicatori di una capacità inclusiva.

In questa logica, la creazione del marchio dovrebbe esser l’esito di una riflessione ad un tempo valoriale, politica, scientifica e tecnica, su quali sono i requisiti che consentono ad una città o ad un quartiere di supportare al meglio la vita delle PCD:

Si tratta dunque di mettere a punto una leva in grado di incentivare/sostenere la creazione di ambienti urbani nei quali le PCD sono comprese, rispettate, sostenute e fiduciose di poter contribuire alla vita della loro comunità. In una comunità amica delle PCD gli abitanti comprenderanno la disabilitò, e le PCD si sentiranno incluse e coinvolte, avendo la possibilità di scelta e di controllo sulla propria vita.

Metodo

La creazione del marchio facilita l’impiego efficace di due azioni diffuse:

-l’azione formativa, rivolta in primo luogo ai dirigenti, e poi a tutte le persone coinvolte nella costruzione delle comunità inclusive, con contenuti variabili a seconda delle istituzioni coinvolte (esempio: formazione al Progetto di Vita per gli enti locali; formazione alla comunicazione con le PCD per i commercianti, i trasporti e le forze dell’ordine, etc.;

-l’azione di costruzione sociale, veicolata attraverso la costruzione di una batteria di indicatori, e conseguente delineazione di un percorso di certificazione/riconoscimento; anche qui gli indicatori saranno differenziati in base alle varie componenti della comunità locale (esempio: frequenza e modalità di aggiornamento del PdV per gli enti locali; abbattimento di barriere fisiche e culturali per commercianti e servizi, etc.)

Ruoli

Per l’attuazione del percorso si predispongono i seguenti ruoli:

-le Fondazioni aderenti, che rappresentano i promotori dell’iniziativa, in coerenza ai loro statuti

-la società scientifica SIDIN (Società Italiana Disturbi del Neurosviluppo), per lo studio e la stesura dei requisiti del marchio;

-un’associazione di rappresentanza delle PCD, che potrebbe diventare l’ente certificatore;

-un Ambito Pilota, che accetta la sfida di attuare i cambiamenti necessari, e infine ricevere il marchio.

In alternativa alla metodologia del Comune/quartiere pilota, il referenziale del marchio potrebbe essere immediatamente messo a disposizione di qualsiasi istituzione locale che intenda affrontare il percorso di certificazione.

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